Be Sensei
02.10.2025

Zombie Scrum: la notte dei team viventi

Zombie Scrum non è fiction: è ciò che accade quando i team seguono il framework ma dimenticano lo scopo. Rituali senza empatia, Sprint senza valore, retrospettive senza voce: così nasce il morbo. L’antidoto? Sicurezza psicologica, obiettivi chiari, autonomia reale e brutalità nel guardarsi allo specchio. Solo i team che imparano restano vivi.

Scritto da:
Anna Rocco

Anna Rocco

Backend Senior
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Come riportare in vita lo Scrum (prima che morda anche te)

C’era una volta uno Scrum Team. Faceva Sprint, Daily, Review e Retro. Usava Jira con zelo religioso. La board era un mosaico perfetto di ticket colorati. Ogni evento cominciava in orario. Ogni Sprint finiva puntuale.

Eppure… qualcosa non tornava.

Nessuno parlava di valore. Nessuno rideva alla Retro. Nessuno sapeva perché stesse costruendo quella feature. Gli occhi erano spenti. Le mani si muovevano per abitudine.

Lo Scrum era rimasto in piedi, ma dentro era morto.

Benvenuti nel mondo dello Zombie Scrum.

Il contagio

Il morbo nasce sempre nello stesso modo: in ambienti ordinati, inoffensivi, perfettamente gestiti.
Là dove nessuno osa mettere in discussione la checklist, dove il processo conta più dell’apprendimento, dove “seguiamo il framework alla lettera” è la preghiera quotidiana.

All’inizio è impercettibile: le Retro si accorciano, le Daily diventano giri di microfono, la Review si riduce a una demo sterile.
Poi arriva la febbre da output. Si confonde la velocità con il valore, la quantità con la qualità, l’efficienza con l’efficacia.

Quando la sperimentazione muore, quando la curiosità evapora, il team si trasforma.
Cammina, parla, compila ticket, ma non impara più.

Il primo sintomo è il silenzio.

zombie scrum post it

zombiescrum.org
 

Le radici del male

Ogni zombie nasce da una paura.
Nel mondo Scrum, le paure sono silenziose ma letali:

  • paura di sembrare incompetenti,
  • paura di contraddire,
  • paura di rallentare,
  • paura di uscire dallo schema.

Così la trasparenza si spegne, l’ispezione diventa facciata, l’adattamento si riduce a cosmetica.
I team smettono di parlare con gli stakeholder.
Nessuno rilascia un vero Increment “Done”.
La Retro diventa un cerchio magico di buone intenzioni.

È in questo terreno che il virus prolifera: il team “segue Scrum” ma non è Scrum.
Manca ciò che lo tiene vivo: autonomia, obiettivi, contatto con la realtà, apprendimento continuo.

Il rimedio segreto

Ogni buona storia horror ha un antidoto.
Questo non viene da un grimorio, ma da Amy Edmondson:

“La sicurezza psicologica è la convinzione condivisa che il team sia un luogo sicuro per correre rischi.”

È la prima difesa contro la zombificazione.
Quando nessuno teme di dire “non so”, il team torna umano.

Per costruirla servono gesti concreti.
Nei team che tornano vivi, le persone imparano a raccontarsi i successi (come nelle Appreciative Interviews), a chiedere e offrire aiuto senza timore (Helping Heuristics), e a riconoscere ciò che funziona prima di correggere ciò che non va (Compliment Postcards).

Non servono formule magiche, ma spazi reali in cui la voce può tornare a circolare e, con lei, il coraggio.

Le autopsie

Osservando da vicino, gli Zombie Scrum mostrano quattro organi in necrosi:

  1. Costruzione di ciò di cui hanno bisogno gli stakeholder. Nessun contatto con chi usa il prodotto.
  2. Rilasci rapidi. Nessun Increment rilasciabile e nessuna integrazione continua.
  3. Miglioramento continuo. Nessuna ispezione reale. Solo rituali vuoti.
  4. Auto-organizzazione. Nessuna autonomia. Tutto passa da “permessi” e approvazioni.

Sono le quattro funzioni vitali di Scrum. Se anche una si spegne, il corpo sopravvive ma non agisce più per istinto empirico.

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zombie scrum desk

zombiescrum.org
 

I rituali di resurrezione

Non serve un esorcismo. Serve metodo, pazienza e auto-riflessione.

1. Obiettivi chiari come talismani

Ogni Scrum Team ha bisogno di un Product Goal e di Sprint Goal visibili.
Sono la bussola che separa il senso dal caos. Senza di essi, la Daily diventa routine, la Review una passerella.

2. Autonomia come antidoto

Un team vivo decide come, in che ordine e da chi il lavoro viene fatto.
Per ritrovare questa libertà:

  • usa Purpose-to-Practice per ridefinire scopo e principi condivisi;
  • costruisci una Skill Matrix per rendere il team cross-funzionale;
  • rendi visibili i vincoli con i Permission Tokens;
  • mappa le dipendenze come fossero vene da liberare.

3. Management: il fattore occulto

Nessuna resurrezione avviene senza supporto esterno.
I manager non comandano gli zombie: curano l’ambiente in cui i team possono rinascere.

Alcuni workshop possono aiutare, non per applicare metodi, ma per creare dialogo.
Mappare le reti di supporto (come nel Social Network Mapping), esplicitare i bisogni reciproci (What I Need From You), o stabilire momenti ricorrenti di confronto (Recurring Cadence).

Quando il management ascolta e rimuove gli ostacoli, il terreno torna fertile.

4. Il ciclo della vita (Ecocycle Planning)

Ogni Sprint è un piccolo esperimento evolutivo.
Usa l’Ecocycle per capire cosa va avviato, nutrito, lasciato morire o rinnovato.
Così il team mantiene vivo il metabolismo del miglioramento.

5. Auto-riflessione brutale

Il passo più difficile: guardarsi allo specchio.
Chiedersi: “In che modo contribuisco alla zombificazione?”

Barry Overeem lo chiama “l’undicesimo fattore di successo”.
Funziona solo se è spietatamente onesto.

Pratiche:

  • diario giornaliero con un punteggio di “zombificazione personale” (da 1 a 5);
  • Troika Consulting per ricevere feedback immediato;
  • sessioni di Agile Conversations per analizzare il linguaggio e scoprire dove la fiducia muore.

A volte, la guarigione richiede un gesto radicale: cambiare team, o persino organizzazione.

I sopravvissuti

Come riconoscerli?

  • Nelle loro Daily si parla di obiettivi, non di ticket.
  • Ogni Retro produce una decisione misurabile.
  • Lo Scrum Master non anima rituali: protegge l’empirismo.
  • Il Product Owner non detta roadmap: coltiva scopo e valore.
  • Gli sviluppatori non “eseguono”: costruiscono e migliorano il sistema.
  • I manager non danno ordini: rimuovono impedimenti e difendono autonomia.

Non sono perfetti, ma sono vivi.

L’alba dei team umani

Scrum non è una religione. È un organismo empirico, e come ogni organismo, respira, cambia, sbaglia. Quando smette di farlo, diventa un guscio vuoto.

Se nel prossimo Sprint avverti l’eco di passi trascinati, se la Retro ti sembra una seduta spiritica,
ricorda: non serve un nuovo framework. Serve coraggio e una torcia di onestà per guardare cosa si è spento davvero.

Perché non c’è niente di più spaventoso di un team che ha smesso di imparare e niente di più potente di uno che torna a farlo.

Se il tuo team sembra uscito da un film di Romero e vuoi riportarlo alla vita, possiamo aiutarti a costruire una cultura dove l’empirismo respira, la sicurezza psicologica pulsa e ogni Sprint è un passo evolutivo. Parliamone. Prima che il morbo si diffonda.

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